Sotto una
fitta pioggia partiamo per il Laos. Ennesima fregatura, l’autobus non è
turistico come ci avevano promesso (abbiamo pagato 5 dollari in più) ed essendo
già pieno quando saliamo, fatichiamo a trovare posti a sedere. La paura è
quella di dover fare tutto il viaggio seduti su bassi sgabelli di plastica. Sì,
perché qui, quando i sedili sono occupati, tirano fuori questi seggiolini, con
cui imbottiscono il corridoio e raddoppiano il numero dei passeggeri …
Scongiurato il pericolo grazie all’intervento dell’autista che ha fatto
liberare dai bagagli due posti per noi, ci rilassiamo e siamo pronti per
affrontare le nostre 9 ore di strada fino al confine. C’è molta nebbia che non
ci permette di vedere questi paesaggi che, dicono, siano molto belli. Dopo 3
ore il bus si ferma. E arrivato al
capolinea. Fantastico! E adesso? Abbiamo pagato il biglietto fino al confine.
Nessun problema, ci spiegano, bisogna solo cambiare autobus. E qui comincia
l’inferno. Ci spingono su un minibus che ha 22 posti a sedere già tutti
occupati. Ci sistemiamo come possiamo. Quando il minibus parte conto 42
persone, di cui neanche una riusciva a muovere un arto e sicuramente c’era
anche chi faticava a respirare! Altre 6 ore di strada impraticabile e,
completamente anchilosati arriviamo a Dien Bien Phu, una cittadina a 36 km dal
confine famosa per essere stata teatro della battaglia decisiva che ha
contribuito a liberare l’Indocina dai Francesi.
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